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Rete Studenti Medi Marche: “9 anni dopo il sisma, storia di macerie e di uno Stato assente”

"Vogliamo politiche che sappiano dare slancio vero a ricostruzione, per restituire una vita dignitosa a queste zone martoriate"

I soccorsi e i Vigili del fuoco a Pescara del Tronto, Ascoli Piceno, al lavoro per liberare dalle macerie persone e cose dopo il terremoto del 24 agosto 2016

Alle 03:36 del 24 agosto 2016, una violentissima scossa sismica – con epicentro nella Valle del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno – colpisce il centro Italia, interessando gravemente le aree interne nel sud delle Marche e delle regioni circostanti.

Il bilancio è di 299 vittime e 388 feriti. Si contano danni per almeno 4 miliardi di euro.

Comunità distrutte, paesi rasi al suolo, migliaia di sfollatɜ che hanno visto la propria vita distrutta in una manciata di secondi: una regione in ginocchio.

Tutto questo è stato frutto di anni di indifferenza della politica verso i bisogni di territori ad alto rischio sismico, come le zone interne delle province di Ascoli Piceno e di Macerata.

A nove anni di distanza, i paesi dell’entroterra restano cantieri fantasma: Acquasanta Terme e Arquata hanno ancora macerie in pieno centro, borghi come Visso e Ussita vivono di container e prefabbricati, le scuole sono baracche di lamiera.

La ricostruzione promessa si è trasformata in una burocrazia che pesa più delle macerie stesse: carte, permessi, attese infinite. Interi territori svuotati, giovani costrettɜ a scappare, anzianɜ lasciatɜ solɜ.

Il terremoto ha distrutto le case, lo Stato è stato capace di distruggere la speranza di chi, quelle case, le ha abitate.

Proprio domenica 24 agosto, giorno del nono anniversario dall’accaduto, la Presidente del Consiglio Meloni ha affermato con toni trionfalistici che “A 9 anni dal terremoto è ritornata la vita nei Comuni del cratere”, per poi lodare i buoni risultati che – a suo dire – il suo Governo ha raggiunto con la ricostruzione.

La verità, però, è un’altra per chi oggi vive ancora nel cratere: zone rosse ancora esistenti, servizi, compresi quelli essenziali, inaccessibili, troppe persone che vivono ancora nelle SAE (Soluzioni Abitative d’Emergenza), strutture pensate per un breve periodo di transizione prima di fornire nuove abitazioni stabili.

Il quadro è a dir poco terribile: le aree interne, zone già caratterizzate da problemi gravi e irrisolti come lo spopolamento, l’emigrazione e la carenza di servizi, a partire da ciò che riguarda l’istruzione, hanno subito un durissimo colpo.

Il sisma del 2016 si è lasciato infatti alle spalle scuole pericolanti e/o inagibili, anche a causa dell’alta età media degli edifici scolastici del territorio, causando gravi violazioni del diritto allo studio per molti studenti.

Il terremoto ha poi determinato e accelerato i processi di chiusura o accorpamento degli istituti, favoriti dalla Giunta Acquaroli con il provvedimento del dimensionamento scolastico. Ha eliminato le poche opportunità economiche e sociali per lɜ giovani, costringendole ad andarsene dal proprio territorio. E in moltissimi comuni, quasi un decennio dopo, i lavori di risanamento devono ancora cominciare.

Ad oggi nelle Marche solo poco più del 30% degli edifici scolastici sono definibili antisismici. Un numero incredibilmente basso e allarmante a fronte dell’alto rischio sismico della nostra regione.

Pretendiamo scuole sicure, adattate alle esigenze dei nostri territori. Vogliamo politiche che sappiano dare uno slancio vero alla ricostruzione, riportando nel cratere opportunità concrete di rilancio economico e servizi essenziali, dalla sanità alla scuola pubblica, per restituire una vita dignitosa a queste zone martoriate.

Contro l’indifferenza del governo e della regione noi rimarremo sempre al fianco delle comunità colpite dal terremoto.

da Rete degli Studenti Medi Marche

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