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Imprese e PMI Marche crescono (+55%) per attrattività capitali esteri

Giovanna Voltolina (mid-cap investor internazionale): "Territorio ad alto potenziale. Si punti anche su investimenti in expansion"

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Imprese industriali partecipate da soci stranieri - classifica per regioni

E’ al momento uno spiraglio, che però fa ben sperare, la fotografia offerta dal recente report di Infocamere – la società per l’innovazione digitale delle Camere di Commercio – che osserva l’andamento della presenza delle società straniere nel capitale delle aziende manifatturiere italiane (campione Italia 214.000 aziende), dove nella classifica per numero di aziende partecipate le Marche si collocano per attrattività al nono posto (129 aziende), posizionandosi appena dopo il Trentino Alto Adige, all’ottavo posto con 159 aziende, e una spanna avanti alla Campagna con 113 aziende.

Se si guarda nello specifico alle Marche si osserva una forte crescita di investimenti stranieri nelle aziende del territorio, e soprattutto nelle Pmi: nel 2022 sono 129 le aziende industriali con presenza straniera – in crescita del +55% rispetto alle 83 rilevate nel 2017 e di queste 91 sono quelle nelle quali un singolo azionista estero ha la maggioranza assoluta (dato in crescita rispetto alle 55 contate nel 2017).

“Uno dei territori più interessanti se si guarda all’incremento degli investimenti esteri negli ultimi anni, ma si tratta di numeri ancora contenuti rispetto al vero potenziale di attrattivitàdel tessuto di imprese marchigiane – commenta il mid-cap investor Giovanna Voltolinauna regione che, certificano gli ultimi dati di Confindustria, vanta oltre 4.785 Pmi (rilevazione 2021) in crescita del 4,6% rispetto all’anno precedente. Una vera risorsa ad elevatissimo potenziale non solo per il sistema produttivo marchigiano, ma come volano per tutta l’economia nazionale“.

Lo spiraglio, agli occhi dell’investor è quella piccola (in rapporto al complessivo) evoluzione per la quale aziende e venture capital stranieri stanno iniziando ad investire nelle nostre Pmi. E non solo rilevandone la maggioranza, ma anche in cosiddetta modalità “expansion” ovvero con investimenti di minoranza in aumento di capitale finalizzati alla crescita dell’azienda.

In effetti secondo il recente report (primo semestre 2023) pubblicato da AIFI – Associazione Italiana del private Equity, Venture Capital e Private Debt e PwC l’ammontare investito complessivo e a livello nazionale (estero e Italia) è calcolato a 3.189 milioni di euro, peraltro in forte in calo (-71%) rispetto al primo semestre del 2022, (eccezionalmente caratterizzato però da operazioni importanti a valore). Di questi il buyout (acquisizioni di maggioranza o totalitarie) cuba 2.215 milioni, disegnando una decrescita del -39% rispetto al periodo nell’anno precedente; il venture capital (investimenti in imprese nella prima fase di ciclo di vita, startup, ecc.) assomma 410 milioni (in calo del -7%).

Invece l’expansion – legge Giovanna Voltolina – ha generato 210 milioni, quindi poco, pochissimo – commenta la mid-cap investor – ma in aumento del +13%. Uno spiraglio che per piccolo che sia indica invece con grande forza la strada su cui davvero bisogna investire, unitamente ad una cultura del lungo periodo, quella cioè in cui il passaggio generazionale non sia più, così come invece oggi è, il tramonto della PMI“.

“Infatti, nella realtà il problema a questo sviluppo è una combinazione di fattori – riflette la mid-cap investor – che da una parte allontanano l’imprenditore a scegliere di aprire il capitale ad un investitore, sia italiano che estero e dall’altra rendono difficile per l’investitore portare avanti un investimento di minoranza nell’azienda; dalle strutture di governance che si devono poggiare su un ordinamento giuridico e norme troppo complesse e obsolete e un sistema giudiziario che rimane uno dei più lenti in Europa. Vi è poi – continua Giovanna Voltolina – il tema generazionale che vede i ‘vecchi’ capitani d’impresa non essere riusciti a costruirsi una solida successione e quindi un futuro per l’azienda; nonché quello della burocrazia e delle politiche economiche, nazionali e regionali, stravolte e ad ogni cambio di Governo“.

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