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Stanziati 900mila euro per difendere gli allevamenti dagli attacchi dei lupi

Coldiretti: "Il rischio è quello della perdita di reddito e del conseguente spopolamento delle aree interne e della montagna"

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lupi, animali selvatici

Fino a 50mila euro per le recinzioni e fino a 700 euro per dotarsi di cani da guardia (massimo 4 esemplari) per proteggere il bestiame. Sono i finanziamenti, al 100%, previsti dalla Regione Marche che ha accolto le richieste di Coldiretti in difesa di un settore, quello zootecnico, alle prese con continue incursioni di branchi di lupi e cani inselvatichiti che attaccano per lo più in area montana ma ormai presenti anche nella fascia costiera.

Negli ultimi 5 anni sono stati sbranati oltre 1.800 animali, secondo i dati della Regione. Conta che non contempla gli animali dispersi o morti per schiacciamento nel corso di attacchi ma solo quelli sbranati. Nel corso del 2022 la provincia di Pesaro Urbino è stata quella più colpita. Entroterra, soprattutto, ma non sono mancate predazione in Comuni costieri come Sant’Elpidio a Mare, Mondolfo, Castelfidardo e Monte San Vito.

Grazie a questi fondi gli allevatori potranno investire su reti di protezione, fisse, mobili o elettrificate da installare nei pascoli. Le domande potranno essere presentate entro il 26 settembre.

“Si tratta di una misura che chiedevamo da tempo – spiegano da Coldiretti – e ora l’auspicio è che ci sia una rapida armonizzazione da parte di tutti gli enti interessati come aree parco, Comuni e Province ci sia una veloce armonizzazione delle normative rispetto a quanto previsto dalla Regione perché altrimenti il rischio è che l’allevatore possa essere danneggiato due volte: dai selvatici dai quali non si può difendere e rispetto ad altri colleghi che invece possono farlo. Soprattutto per chi vive e lavora all’interno di aree protette questa burocrazia bipolare è incomprensibile e penalizzante”.

Già nei mesi scorsi, sul tema, Coldiretti aveva spinto e ottenuto un incremento (anche fino al 24%) degli indennizzi in caso di perdite del bestiame predato. “Fermo restando che l’obiettivo è quello di non avere danni – precisano dall’organizzazione agricola – perché il rischio è quello della perdita di reddito e del conseguente spopolamento delle aree interne e della montagna”.

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